Descrizione
L’Istituto Statale d’Arte “Mario Dei Fiori” di Penne (PE) è sorto nel 1887 con Decreto del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, come Scuola Serale e Domenicale di Arti e Mestieri. L’intento era quello di orientare i giovani all’istruzione professionale delle arti applicate, delle arti meccaniche e decorative, per avviarli ai mestieri di: falegname, muratore, fabbro ferraio, scalpellino, ceramista-vasaio. Alla Scuola potevano accedere alunni di età non inferiore ai dodici anni, muniti del titolo di promozione dalla seconda alla terza elementare.
Le lezioni venivano svolte giornalmente con orario serale: la domenica e gli altri giorni festivi con orario diurno.
La scelta di tali orientamenti didattici fu fatta in base alle peculiarità ambientali e tradizionali, soprattutto per quanto riguarda il mestiere di muratore, che per anni rappresentò un vero e proprio vanto dell’istituto, con la sezione di Arte Muraria.
Ma dopo sette anni di vita, a chiusura dell’anno scolastico 1892-93, nella relazione sull’andamento della Scuola di Arti e Mestieri “Mario dei Fiori” di Penne, gli insegnamenti erano già leggermente diversi e così codificati: Stipettai, Modellatori di terre cotte, Pittori decoratori, Muratori, Argentieri.
Nel 1902 la Scuola era denominata Scuola d’Arte applicata all’industria e vi si insegnava: Scuola d’Ornato e Decorazione Pittorica, Scuola di Disegno geometrico, Scuola di Plastica, Scuola d’intaglio.
Nel 1909 la Scuola cambiava ancora una volta la denominazione in Regia Scuola di Disegno e Plastica Applicati alle Arti e ai Mestieri.
Queste variazioni di denominazione hanno seguito nel tempo i mutamenti di orientamento didattico; esse si verificavano per una difficile convivenza di due modi d’interpretare la Scuola e le istanze socio-culturali da parte dei professori.
I docenti con titolo di Ingegnere propugnavano una maggiore attenzione verso le nuove tecnologie e l’introduzione di macchine utensili sempre più versatili ed innovative; diversamente, da parte di docenti con titolo dell’Accademia di Belle Arti, si privilegiava la didattica basata sull’ornamentazione.
Dal 1913 fu disposta la possibilità di frequenza della Scuola anche al Sesso femminile.
L’indole della popolazione femminile del posto, portato per esigenza e tradizione atavica ai lavori domestici, come la cura della casa, il lavoro a telaio da tessitura, il lavoro a telaio da ricamo e tombolo, certamente contribuì all’istituzione della sezione femminile. Infatti nel 1918 la Scuola venne classificata Regia Scuola Popolare per arti e Mestieri maschile e femminile.
Nel 1920 le cosiddette sezioni risultavano così ripartite:
Lavori domestica – Economia e governo domestico; economia domestica, doveri di buona massaia, classificazione della biancheria, scelta e acquisto dei tessuti, consigli sul buon gusto nell’ammobiliamento della casa e nel vestire, taglio sul modello, preparazione e cucito di biancheria, preparazione e cucito di abiti semplici, pulizia della cucina, preparazione della tavola;
Plastica – Modellazione di pianelle, solidi geometrici, rilievo di foglie, ecc.;
Lavorazione del legno – Esercizi di calettatura: spina, incastri semplici, incastri complessi; esercizi di piallatura per fibre e per testa, serie graduali di scorniciature, tornitura e intaglio, costruzioni di piccoli oggetti e mobilio, ecc.;
Lavorazione del ferro – Primi lavori di lima, innesti di incastri di precisione, bollitura del ferro e fucinatura, saldatura del ferro, costruzioni di balaustre e di ringhiere, ecc.;
Arte muraria – Scavo di fondazioni, preparazione delle malte, gettata delle fondazioni di pietrame e calcestruzzo, elevazione dei muri, costruzioni di stipiti e porte, costruzione dei cornicioni, intonaci e finimenti.
Nel 1921 la Scuola venne dotata di Corsi di Perfezionamento, ai quali potevano accedere i licenziati della stessa Scuola.
L’inserimento della specializzazione porterà un’impronta che, in ambito didattico, assumerà sempre più il metodo della specificità sul piano artistico-artigianale.
Con Regio Decreto-legge del 2 dicembre 1935 n. 2081 la Scuola assunse la denominazione di Scuola d’Arte che perdurerà fino agli Anni Sessanta con le seguenti quattro sezioni; Arte del Merletto e Ricamo, Arte del Tessile, Arte dei Metalli, Arte del Legno.
Negli Anni Sessanta le sezioni risultano così essere: Arte del Merletto e Ricamo, Arte dei Metalli e dell’Oreficeria, Arte del Legno, Arte del Tessuto, Disegnatori ed Architettura d’Arredamento.
Il 14 settembre 1970 una Legge Presidenziale dispone l’avvenuta trasformazione della Scuola d’Arte in Istituto d’Arte.
Negli Anni Novanta le sezioni si sono ridotte a tre; Arte dei Metalli e dell’Oreficeria, Arte del Tessuto, Disegnatori di Architettura e Arredamento.
A meta degli anni ‘90 l’Istituto ha attivato un corso sperimentale con due nuovi indirizzi di sezione: Arte e Restauro del Tessuto e del Ricamo, Architettura e Arredo.
Le sezioni rimaste, e quelle sperimentali, sono il risultato dell’evoluzione degli insegnamenti fin qui nominati.
L’attenzione della Scuola, come è possibile rilevare da quanto precede, è stata rivolta alla tradizione artistico-artigianale di Penne e del suo territorio.
La regione vestina trans-montana, nell’Abruzzo Primo Ultra, ha come punto di riferimento storico-geografico la città di Penne e, in essa, come succede dappertutto, i lavori artistico-artigianali assumono una propria specificità legata al territorio e, dal Medioevo, come seme a dimora.
In questo periodo storico l’Abruzzo conosce una stagione artistica intensa con la costruzione delle numerose chiese romaniche, che saranno per anni la fonte ispiratrice dell’arte decorativa. Il Rinascimento prima e poi i successivi periodi storico-artistici continueranno ad essere portatori di linfa creativa e guideranno le sorti delle Arti minori.
Per dare maggiore impulso alle esigenze di rinnovamento che l’Istituto d’Arte da qualche tempo sente, è bene dare uno sguardo alle tecniche di lavorazione che hanno avuto più tradizione e continuità fino alla saldatura con la Scuola d’Arte e Mestieri.
Per l’Arte dei Metalli e dell’Oreficeria possiamo vantare una tradizione a partire da Giovanni D’Angelo, orafo pennese del XIV secolo, che per alcuni versi può essere considerato il padre dell’oreficeria abruzzese (vedi il calice, la pisside e la croce reliquiaria conservata nei musei aquilano e pennese) per l’originalità della lavorazione e per l’impiego raffinato di smalti traslucidi. Fra i lavori rinascimentali presenti in Penne sono da annoverarsi la croce processionale dell’ex Collegiata di S. Giovanni Evangelista, oggi conservata nel museo civico Diocesano di Penne, e la teca reliquiaria di San Biagio, una volta nella Chiesa di San Domenico, oggi nel Museo Civico Diocesano. Nello stesso Museo si possono ammirare altri lavori di oreficeria locale del Seicento e del Settecento appartenuti ai vescovi pennesi. Concezio Calandra (1785-1846) raggiunse notorietà per i diademi da lui realizzati, che incoronarono i volti di venerate Madonne d’Abruzzo. I suoi lavori si distinsero per l’arte del cesello e dell’incisione.
Domenico Calandra (1828-1903), figlio di Concezio, al pari del padre, continuò la realizzazione di urne, teche e diademi per le chiese abruzzesi, con una tecnica impareggiabile.
In questo periodo, da due officine – una del De Bonis, l’altra di Giuseppe Acquaviva – si fabbricano armi da fuoco ricercatissime per il perfetto funzionamento e la maneggevolezza, per la bellezza della linea e la finezza delle incisioni. Nel Novecento i Laguardia continuano l’arte orafa con ingegno e raffinata eleganza. L’Istituto d’Arte, nell’ultimo decennio, ha sempre ben figurato nella Mostra dell’Arte Orafa abruzzese di Guardiagrele, vincendo numerosi primi premi.
Gli allievi diplomati hanno avviato laboratori di oreficeria, spesso risolvendo il loro problema di inserimento nel lavoro.
Per l’Arte del Tessuto e del Ricamo la nostra Scuola, istituendo nel 1913 la sezione femminile, la quattordicesima in Italia per quanto riguarda l’indirizzo di carattere professionale, non fa altro che assecondare le esigenze di tali insegnamenti, in ragione di una potenzialità espressa sul territorio. In ogni casa c’era un telaio per tessere o telai con supporti per ricamare e fare del tombolo. Se non ci sono resti materiali a testimonianza di tale attività, è solo perché i tessuti sono fortemente deperibili e, anche nei più importanti musei europei, i frammenti medioevali sono rari.
Nelle nostre chiese però, i covertoni delle compagnie religiose erano realizzati dalle ricamatrici locali. Un esempio di tale operosità è rappresentato dal covertone della Compagnia del S,S, Rosario del XIX secolo, conservato presso il Museo Civico Diocesano, un lavoro ricamato con fili di lana lanciati con punto raso e applicazioni di varia passamaneria. Alcune famiglie nobili conservavano la dote, cioè la biancheria realizzata dai tessitori e ricamatori locali per il corredo da sposa. Questi corredi risultavano finemente tessuti con lino e lino su diversi licci, ottenendone parecchie varianti delle armature tessili, che ben ci fanno comprendere l’alto grado di conoscenza di tale attività. Così può dirsi per i ricami che nello stesso modo impreziosiscono biancheria ed abiti d’epoca. Nel 1932, la tecnica del ricamo insegnata presso la Scuola d’Arte di Penne raggiunge il suo massimo splendore con la realizzazione di un famoso copriletto donato dalla città di Pescara alla S. A. R. Principessa di Piemonte. Il capo, ricamato a punto vestino dalle allieve della scuola sotto la direzione della prof.ssa Antonietta Rosa, riassumeva tutta la tecnica tramandata dalla tradizione.
Ma la vera stagione fortunata della tessitura locale è rappresentata dall’Arazzeria Pennese, un laboratorio artigianale, sorto negli anni Sessanta, per la lavorazione dell’arazzo a basso liccio, famoso in tutto il mondo, avendo realizzato arazzi di maestri illustri come Capogrossi, Afro, Avenali, Brindisi, Baylon, Primo Conti ed altri maestri che se ne sono serviti per l’alta qualità manifatturiera. Questa perla della tessitura abruzzese è sorta per volontà di alcuni docenti dell’Istituto d’Arte di Penne, i proff. Di Nicola, Tonelli e D’Addazio. Oggi l’arazzeria non è attiva e si spera di poterla riavviare con nuova mano d’opera.
Per l’Architettura e l’Arredo, nella nostra città, si sono avute autentiche scuole di mobileria e di maestri ebanisti-intagliatori. Difatti l’arte del legno è una delle principali attività d’insegnamento della Mario dei Fiori. Nelle absidi delle chiese di Penne vi sono ancora stupendi cori con stalli intagliati ed intarsiati di squisita fattura, a cominciare da quello nella Chiesa di Colle Romano del XVI secolo, poi quelli di San Domenico, di Santa Chiara e della Chiesa della Madonna del Carmelo, tutti del XVIII secolo.
Anche i vasti repertori dei portoni dei palazzi nobiliari possono farci comprendere che l’arte dell’ebanisteria era radicata e conosciuta da sempre. In tal senso va ricordata la famiglia Brindisi, con il capostipite Fedele (padre del pittore Remo Brindisi), scultore e intagliatore, noto per la sua maestria e per il suo vasto repertorio.
L’intaglio da lui prodotto rendeva plasticamente freschi i legni scolpiti a bassorilievo che, visibili nei migliori salotti dell’Abruzzo, ci danno l’idea della sua forza creativa.
I Brindisi insegnarono nella Scuola d’Arte fino agli anni Ottanta, con l’ultimo titolare d’intaglio, Giuseppe Brindisi.
Arte Muraria, in linea con i vecchi ordinamenti dell’Istituto, assunse nella città di Penne un aspetto stilistico ricco di note ideative, in simbiosi con le materie prime facili da reperire, come le argille.
La città stessa è denominata la città del mattone, sui due colli principali dell’impianto urbanistico del centro storico di Penne, i palazzi nobiliari trattengono nei muri, fra i vari rifacimenti, autentici brani di Arte Muraria: archetti pensili, tortiglioni, pianetti inclinati, racemi e girali, tutti prodotti dagli stampi degli artieri pennesi.
I campanili delle chiese come quelle di San Giovanni Evangelista e di Sant’Agostino, sono due autentici capolavori dell’Arte Muraria locale. I maestri muratori che uscivano dalla Scuola erano rinomati in tutto il Regno d’ltalia: venivano chiamati in varie parti del mondo.
Sappiamo che negli anni Venti gli espatri verso il Canada, per l’esercizio di tale arte, furono numerosi.
Da questo breve resoconto è facile dedurre che la città di Penne, con i mestieri che vi si esercitavano e vi si esercitano tuttora e con l’Istituto d’Arte, formano un trinomio indissolubile che concorre alla formazione dei giovani sia per l’apprendimento di antichi mestieri che per il restauro dei tesori d’arte e per autonome iniziative.
prof. Mario Costantini
Dove si trova
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